8 giugno 1768, primo mattino.

Presso il secondo piano della Locanda Grande, sita in Trieste presso quella piazza San Pietro il cui rifacimento è noto oggi come Piazza Unità d’Italia, un ospite molto famoso sta per conoscere la piega più cupa del suo destino.

Di lì a poco, a seguito d’un efferato e mai del tutto chiarito tentativo di rapina, perì sotto i colpi del coltello d’una persona che aveva conosciuto durante la breve permanenza in città.

L’insigne ospite era Johann Joachim Winckelmann, uno dei massimi esponenti del neoclassicismo e padre, assieme a Ciriaco d’Ancona, dell’archeologia moderna.

A Trieste vi era giunto già il primo giugno, per raggiungere via mare l’altre sponda dell’Adriatico, avendo come destinazione finale la Città Eterna.

Sorte volle che d’eterno, a Trieste, trovasse però il riposo, quando il giovane cuoco della locanda Francesco Arcangeli decise d’impossessarsi con la forza d’alcune preziose medaglie, donate al Winckelmann dall’imperatrice Maria Theresia d’Austria.

La colluttazione fu breve, come la fuga dell’assassino che, consegnato alla giustizia, un mese più tardi spirò per il supplizio della ruota, inflittogli davanti alla stessa locanda che fu quinta per l’efferato delitto.

Circa un mese più tardi la salma del Winkemann fu tumulata nella tomba della Confraternita del SS. Sacramento, sotto il sagrato della cattedrale di San Giusto.

A seguito dell’accatastamento dei resti negli ossari comuni intorno alla Cattedrale, se ne sarebbe per sempre perduta ogni traccia.

Solamente nel 1822, grazie alla sensibilità del conte Domenico Rossetti, fine letterato triestino, si decise di dedicare un cenotafio per onorare la memoria dell’illustre archeologo, legatosi così tragicamente alla città di Trieste.

La realizzazione dell’opera scultorea fu commissionata ad Antonio Bosa dell’Accademia Farsetti di Venezia.

I disegni furono visionati e corretti dal celeberrimo maestro Antonio Canova e l’opera fu scolpita nel marmo nell’anno 1822.

Si tratta di un monumento di raffinatissimo gusto esecutivo, sintesi delle regole neoclassiche che il Bosa aveva appreso dal Canova, ove un genio alato in atteggiamento dolente e con la fiaccola della vita rivolta verso il basso siede sul sarcofago, sorreggendo un medaglione con il ritratto del Winckelmann.

Tutt’attorno, le figure allegoriche delle Arti, con l’Archeologia assisa, assorta nella scrittura.

Il cenotafio fu inizialmente collocato in una nicchia presso l’Orto Lapidario, dietro la chiesetta di San Michele, a breve distanza dalla Cattedrale di San Giusto.

Nel ’34 il monumento fu sistemato nel tempietto atto a custodire le sculture di maggior valore rappresentativo, databili tra l’età imperiale e il V secolo dopo Cristo e provenienti dalla collezione dell’Accademia degli Arcadi Sonziaci, un circolo d’intellettuali fondato a Gorizia nel 1780.

La visita a questo complesso, accolto presso i Civici Musei di Storia e Arte, rappresenta una privata riflessione sull’estasi classica e su alcuni suoi protagonisti assoluti, nel cuore più antico della città di Trieste.

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